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Viaggio nel vero villaggio di “Un mondo a parte”: così si resiste allo spopolamento

by La Redazione
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Economia

di Micaela Cappellini

Ecco com’è davvero la vita a Opi: tra il ritorno dei giovani all’agricoltura e le promesse del turismo nel Parco Nazionale d’Abruzzo

6′ di lettura

È tutto come si vede nel film “Un mondo a parte” , con Antonio Albanese. La strada centrale divide longitudinalmente il paese, le antiche case, il Monte Marsicano e il Monte Amaro disegnano la cornice sullo sfondo e tutt’intorno i boschi del Parco Nazionale d’Abruzzo. Nel film di Riccardo Milani, Rupe è un paese che lotta per salvare la propria scuola dalla chiusura per salvare se stesso. Ma Rupe non esiste, è solo un nome di fantasia. In realtà la Rupe si chiama Opi.

Ha meno di 400 anime, Opi. E no, la scuola elementare non c’è più da qualche anno. I bambini vanno a Pescasseroli, una manciata di chilometri più a sud. Ma come Rupe nella fiction, e come tutti i piccoli paesi di montagna nella realtà, anche Opi lotta contro lo spopolamento che colpisce le zone interne del Paese, dove mancano molti servizi e l’economia locale fatica a garantire uno stipendio a tutti. Il film di Milani ha fatto luce su realtà come queste e offre anche la sua ricetta per una possibile via d’uscita. Ma come resistere davvero allo spopolamento oggi di Opi?

La risorsa turistica

Il turismo è il primo anello della rete di sicurezza. Un’intuizione che viene da lontano. «Possiamo dire che il nostro Comune diede vita al Parco Nazionale d’Abruzzo nel 1921vendendo i primi cento ettari che ne avviarono la costruzione” dice il sindaco, Antonio Di Santo. Ad acconsentire, allora, furono l’onorevole Erminio Sipari, originario dell’Abruzzo, e don Alessandro Ursitti, parroco di Opi e fratello del sindaco, come nei migliori racconti di Guareschi. Nel corso degli anni, alle attività legate al Parco – dalla Forestale agli uffici della pubblica amministrazione – si è aggiunta quella più tradizionale alla pastorizia, fino a diventare l’attività più importante, anche capace di fidelizzare alcuni giovani del paese: «Nel 2020 eravamo scesi a 370 residenti – dice il sindaco – oggi siamo tornati sopra quota 380». Lo stesso Antonio Di Santo è la prova vivente che restare, per i giovani, è possibile. Il “resto”, lo chiamano nel film di Milani. Hai 43 anni, due figli piccoli e lavori come commercialista e revisore dei conti: «Sono stato a Pescara, poi a Milano, alla fine ho deciso di tornare».

Anche i fratelli Ursitti, Ercole e Maria Adele, sono tornati in un certo senso. Da otto generazioni la loro famiglia faceva la transumanza, i sei mesi invernali nel Tavoliere foggiano, gli altri sui monti di Opi. Poi, finita la scuola, hanno deciso di diventare sedentari: «Noi ragazzi non volevamo più la vita nomade, la transumanza ti fa sentire di appartenere a entrambi i luoghi e a nessuno dei due», dice Maria Adele, che ha 42 anni.

Così, insieme al marito e al fratello, riapre l’antica casa di famiglia nei Pretali di Opi e riempie gli ovili con 600 pecore: «Produciamo latte e formaggio che vendiamo direttamente nel nostro spaccio aziendale – dice – online, no, perché funziona meglio quando i turisti vengono direttamente sul posto e insieme ai formaggi vendi anche la storia del territorio”. Peccato che la stagione turistica non dura tutto l’anno Come si fa in inverno? «Ci siamo organizzati – spiega – se gli animali partoriscono tutti a Pasqua, l’allattamento va da aprile a fine agosto e si adatta bene alla presenza di turisti in paese. . Vendiamo la maggior parte dei formaggi in estate, il resto continuiamo a venderlo nel fine settimana fino a dicembre, poi addirittura smettiamo.”

Quando passano davanti alla loro fattoria a Pretali, i turisti spesso chiedono loro: come vivi qui?. «E io – dice Maria Adele – rispondo a tutti: dipende che vita volete fare. Se cercate divertimenti e non centri commerciali è chiaro che Opi non va bene. Ma se ami la natura e un più stretto senso di comunità Beh, va bene qui. Anche i ragazzi che vanno a studiare all’università, quando hanno bisogno di aiutare ad organizzare la festa del paese, tornano tutti.”

Il ritorno all’agricoltura

Qualche anno fa è tornato a Opi anche Raffaele Ursitti. Ventisei anni, un cognome che evidentemente è un tratto distintivo del paese e la voglia di ricominciare a coltivare come si faceva una volta: «L’azienda agricola di famiglia era abbandonato ormai da trent’anni. Eppure avete 33 ettari di terreno, tutti pianeggianti, una rarità in montagna.” Raffaele è andato alla ricerca di varietà di grani antichi, come la solina dell’Appennino abruzzese: «Produco farine, farro perlato – racconta – li trasformo e per venderle mi affido ai negozi dei paesi del Parco Nazionale. Da quest’anno, attraverso un pastificio a Penne, produco anche pasta secca.” In paese Raffaele fu il primo a riprendere l’attività agricola: «I terreni erano tutti abbandonati – spiega – anche lui perché coltivare qui è difficile, con cervi e cinghiali che razziano il raccolto».

L’autorità del parco aiuta gli agricoltori danneggiati dalla fauna selvatica con un certo rimborso. Per chi coltiva la terra ci sono i contributi Pac e quelli regionali. Ma forse, per aiutare qualche giovane in più a ritornare – o restare – sarebbe opportuno un po’ più di sostegno. Il sindaco Di Santo, nel suo ruolo di coordinatore del neonato consultare l’Anci dei Comuni delle aree naturali protetteci sta provando: «Ad esempio, sarebbe importante che i comuni parco potessero avere un accesso privilegiato ai fondi strutturali Psr e Fsc». Se potesse scrivere lui stesso le leggi nazionali, allora Di Santo immaginerebbe una base molto concreta del Green deal: «Prenderei la Carbon tax e non la userei indiscriminatamente, ma per aumentare le detrazioni fiscali per chi effettivamente vivono in comunità interne, contribuendo personalmente con il proprio lavoro a preservare la natura e il territorio”. C’è un precedente in questo senso, ricorda, volendo, Di Santo ed è quello di Sergio Costa, che da ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio fece una legge per istituire e finanziare le cosiddette zone economiche ambientali, una sorta di della ZES dei parchi. «Abbiamo preso quei fondi – ricorda Di Santo – e li abbiamo utilizzati per migliorare l’efficienza degli edifici e per i nuovi scuolabus».

Piani del governo

Qualcosa però bolle nella pentola del governo. A realizzarlo è il sottosegretario all’Agricoltura Luigi D’Eramo: abruzzese (a volte capita) di Barisciano, piccolo comune di 1.700 abitanti non lontano dall’Aquila. “C’è una scuola qui”, assicura. Lo sa bene, perché la sua residenza è ancora lì e ogni fine settimana ci torna. Al ministero D’Eramo ha la responsabilità delle aree interne e dalla fine dello scorso anno ha iniziato a lavorarci un progetto pilota per il rilancio delle aree interne del Paese: «Lo studio pilota – spiega – è nelle fasi finali, il primo incontro si è svolto questa settimana. Il mio obiettivo è costituire un tavolo politico per le aree interne, insieme a tutte le associazioni di categoria interessate. Non ci occuperemo solo di sostenere l’agricoltura, ma anche di rafforzare i servizi, le infrastrutture e soprattutto il turismo, perché molti di questi borghi hanno molte potenzialità da sfruttare in questo senso. Per essere chiari: se voglio puntare a vendere il pecorino di montagna tramite l’e-commerce, devo prima fare in modo che ci sia la banda larga e che lo spazzaneve arrivi in ​​inverno”.

L’obiettivo ambizioso del sottosegretario è quello di ottenere i primi effetti concreti del piano entro la fine della legislatura: «Individueremo tre aree pilota – spiega – una al Nord, una al Centro e una al Sud. Se funzioneranno allora si passerà al terzo step, ovvero produrre uno standard nazionale e quindi individuare le coperture economiche per sostenere il piano, anche attraverso l’intervento di altri ministeri”. Il cinema? «È un percorso interessante, per lo sviluppo delle aree interne – dice D’Eramo – Ladyhawke è stato girato a Rocca Calascio, dietro casa mia, mentre Bud Spencer e Terence Hill sono andati a Campo Imperatore. Vediamo ora se Cinecittà porterà fortuna anche a Opi».

  • Micaela Cappellini

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