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Dolmen | Recensione – Chi vuole troppo, niente è troppo stretto

by Francesca
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Materia Primaun’etichetta Koch Media di recente fondazione dedita alla produzione di IP originali per l’editore teutonico, si cimenta poi nel genere proponendo Dolmenun action RPG di fantascienza nel quale riponevamo ragionevoli speranze, nonostante fin dai primi trailer fosse chiaro che il budget non fosse dei più cospicui e che molte delle idee fossero prese dalla concorrenza.

Andiamo a vedere come è andata, allora.

Vinci un viaggio a Revion Prime

A differenza del genere dei giochi FromSoftware e di molti dei titoli ad essi ispirati, Dolmen (che puoi trovare anche su Gioco istantaneo) aderisce maggiormente al genere fantascientifico per quanto riguarda la sua narrazione, che risulta essere anche molto più chiara e lineare rispetto a quella per lo più opaca e misteriosa di molti suoi pari.

Anche qui la narrazione ambientale, sotto forma di note e promemoria facoltativi presenti in molte delle location, gioca un ruolo primario, ma come supporto alla lore piuttosto che come attore principale degli eventi, che si sviluppano in modo comprensibile per tutta la durata della campagna.



Il giocatore è chiamato ad esplorare Revion Prime, un pianeta ostile sul quale, in seguito alla scoperta di un cristallo alieno dalle capacità straordinarie, chiamato Dolmen, sembra essere scoppiato un putiferio: l’avamposto precedentemente insediato non risponde più ad alcun tipo di comunicazione, e solo un uomo riesce a passare attraverso un teletrasporto danneggiato per andare a verificare cosa sia realmente accaduto.

Inutile dire che quell’uomo sarà l’alter ego del giocatore: privo di ricordi della terra, apparentemente capace di muoversi agilmente tra diverse linee temporali (ma è lui o il pianeta ad aprirgli questa possibilità?), il nostro avatar sarà in costante contatto radio con una voce femminile che cercherà di guidarlo a distanza, non sempre in modo impeccabile.

Dopo pochi passi è chiaro come quasi tutto sia andato terribilmente storto: corpi dilaniati a destra e a manca, appartenenti a razze diverse, terrestri e non, un silenzio assordante rotto solo dalle grida gutturali delle creature che popolano il pianeta e , soprattutto, uno strano ciclo per cui il nostro, nonostante sia rimasto vittima dei colpi delle bestie che lo circondano, riprende vita in pochi secondi, alimentando un ciclo infinito che però non sembra aver coinvolto i malcapitati che giacciono a terra o decorano le pareti della base spaziale Revion First.

Anche se non si può dire che la narrativa sia il punto forte della produzione, abbiamo apprezzato l’ambientazione tanto quanto la costante sensazione di pericolo e di catastrofe imminente che permea certe fasi del gioco, soprattutto durante le prime dieci ore, quando le abilità apprese sono ancora poche e ogni nemico è potenzialmente letale.

Come vedremo in seguito, il team di Prime Matter ha attinto a piene mani da alcuni dei migliori esponenti della categoria per tutti gli aspetti della sua produzione, dal gameplay alla direzione artistica, e se dovessimo fare un nome per quanto riguarda l’incipit e parte del storia che probabilmente nomineremmo Spazio morto da Electronic Arts, in particolare il primo e il terzo episodio.

Prestito senza interessi

Per quanto riguarda il gameplay, tuttavia, le fonti di ispirazione più evidenti sono dueo quello, già più volte citato, del Anime di FromSoftware ma anche la rivisitazione a base di polvere da sparo e armi da fuoco quella del genere con cui davano in Gunfire Games Resto dalle ceneri.

E se da questi prodotti apprezzati Dolmen se fosse riuscito ad avere la meglio, la zuppa preparata da Prime Matter sarebbe stata sicuramente poco originale, ma anche piuttosto gustosa, perché parliamo pur sempre di prodotti che talvolta hanno saputo guadagnare voti molto alti (da Anime scure UN Sangue, che potete trovare in sconto su Amazon), a volte meriti un elogio per aver affinato e variato la formula base (Resto dalle ceneri).

E invece, come avrete intuito dalla valutazione in fondo a questa recensione, qualcosa è andato storto.

Anche trascurando il totale mancanza di idee veramente originali e sull’eccessivo ricorso a soluzioni gaming già visto più volte nelle ultime due generazioni di console, Dolmen A volte sbaglia perfino i fondamenti, come un guru della medicina che arriva a un convegno per smettere di fumare tossendo vigorosamente dopo aver appena spento l’ultima sigaretta.

In un genere in cui un fotogramma di animazione in più o in meno può fare la differenza tra una morte improvvisa (con conseguenti insulti) e una vittoria all’ultimo momento, il gioco distribuito da Koch Media è alle prese con collisioni a volte imprecise, hitbox difficili da decifrare e una certa indeterminatezza di fondo.

La grande libertà di approccio iniziale, che ci ha spinto, grazie alle 160 ore appena trascorse con una build corpo a corpo Anello Eldenoptare inizialmente per una classe basata sulle armi da fuoco, si ritorce contro il giocatore già a partire dalla metà della campagna, quando alcuni boss, e ancor più certi nemici “comuni”, sono quasi impossibili da sconfiggere senza ricorrere ai propri cari, vecchi melee danno.

Come nell’ultima, monumentale fatica firmata da Hidetaka Miyazaki, la libertà di scelta deve necessariamente accompagnarsi a un game design attento e di ampio respiro, che non precluda (o renda estremamente frustrante) l’avanzamento di qualunque tipo di personaggio.

Il nostro pistolero, però, dopo aver fatto a pezzi senza troppe difficoltà i primi tre boss proposti dalla campagna, tanto da farci inarcare le sopracciglia à la Ancelotti per l’equilibrio generale, si è imbattuto, suo malgrado, in un boss immune da armi a distanza per lunghi tratti, che furono scoperte in tempi brevissimi e che necessitarono quindi di un combattimento durato quasi cinquanta minuti, culminato in numerosi tentativi falliti, per essere abbattute.

Inutile dire che quei cinquanta minuti non sono stati esattamente i più divertenti dei nostri ultimi mesi di (video)gioco.

Naturalmente, avremmo potuto fare affidamento sulla tecnica imperitura di macinazione, pompando punti di forza e costituzione per modificare strada facendo la build inizialmente basata su destrezza ed energia e trasformando, nel processo, un gioco della durata di circa venticinque ore in uno di oltre quaranta, ma ci saremmo davvero divertiti? Probabilmente no.

Perché Dolmen offre scorci di buone ideecome la barra di energia a cui si attinge sia per i proiettili che per le cure, regolata dall’utilizzo di batterie presenti sul campo di battaglia in numero molto limitato, circondato da un sacco di gameplay sufficienteche non restituisce un buon peso di tiro, non premia (o dovremmo dire non consente?) la ritirata strategica, visto che molti nemici ci inseguiranno fino alla fine del mondo, e non favorisce particolarmente l’alternanza tra brevi – colpi a distanza e armi da fuoco suggerite dai trailer.

Il tentativo di combinare la mischia viscerale del Anime e la gestione strategica degli spazi e dei tempi di ricarica apprezzata in Resto dalle ceneri, Dolmen termina con il danno vita ad un mix tra i due stili che sembra disomogeneoe sicuramente finisce per scontentare gli estimatori sia dell’una che dell’altra scuola di pensiero.

E sarebbe ancora più semplice per noi cancellare il gioco a causa di questi problemi e dell’evidente mancanza di idee davvero uniche, ma forse questo non renderebbe giustizia a quel poco di buono che c’è.

Perché Dolmen, tra tanta sufficienza, riesce di tanto in tanto ad alzare la testa (e la media), offrendo un level design decente, un paio di combattimenti contro i boss ben congegnati e allettante varietà di strumenti di mortesia a breve che a lungo termine.

Ci sono segnali di un buon prodotto, che avrebbe potuto ritagliarsi una propria nicchia in un genere di per sé non esattamente di massa, ma le promesse raramente vengono mantenute, e alla fine dell’inquietante viaggio su Revion Prime resta l’amaro in bocca. in bocca.

Con PS4 in mente

A suggellare questo corteo di occasioni mancate c’è un settore tecnicolo si evince fin dai primi video promozionali, che non solo non rendono giustizia alla piattaforma ospitante (per l’occasione PlayStation 5), ma che avrebbero faticato a distinguersi anche sulle macchine di ultima generazione.

La modellazione poligonale, l’animazione impostata, più che mai fondamentali in un titolo appartenente al sottogenere dell’ Animela varietà e l’originalità del bestiario nemico lasciano tutto a desiderare, con solo la fluidità a fare da baluardo di una buona programmazione.

Sia in modalità performance che in quella che privilegia risoluzione e dettaglio, Dolmen si muoveva sempre un 60 fpscon rari e mai veramente decisivi intoppi nell’economia del gioco: è doloroso constatare come la semplicità delle costruzioni poligonali e i movimenti limitati e lignei sia del protagonista che di molti nemici siano probabilmente uno dei motivi per cui le prestazioni sono tra quelle gli aspetti più convincenti di quelli produttivi.

Gli scorci interessanti non mancano, tra valli aride che ricordano Marte e caverne spaventose dove regnano umidità e ragnatele, ma raramente il prodotto Prime Matter ci ha veramente stupito, e non ci ha mai lasciato a bocca aperta, anche solo per il design di uno dei mostruosità che ci ha lanciato.

Con una sola eccezione, quando siamo stati costretti a ricaricare il salvataggio più recente perché il nostro personaggio era bloccato in un angolo impervio dello scenario, per giunta in totale assenza di nemici, il codice di gioco si è rivelato pulito fin dai primi giorni di test, quando mancavano ancora diverse settimane alla pubblicazione (che, ricordiamo, avverrà il prossimo 20 maggio).

Menzione finale per l’audio e il doppiaggio, non particolarmente presenti ma entrambi di discreta qualità.

Versione rivista: PS5

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